In AQuest crediamo nel valore del tempo dedicato alla sperimentazione.
Ci sono momenti in cui non esiste un brief, un committente o una deadline da rispettare: solo la voglia di esplorare, approfondire, provare cose nuove.
Questi progetti interni rappresentano un vero e proprio laboratorio di ricerca e sviluppo: spazi dove la curiosità guida il processo e la pressione del mercato lascia il posto all’intuizione, alla tecnica e al desiderio di superare i confini del consueto. Il risultato è sempre duplice: da un lato crescita professionale, dall’altro la possibilità di trasformare la sperimentazione in nuove competenze concrete e prodotti che a loro volta ispirano i brand.
Sperimentazione e libertà creativa: un progetto R&D
Un esperimento visivo per la nazionale italiana di Short Track.
Ci siamo riconosciuti subito nella stessa visione: usare la tecnologia per amplificare la componente umana del racconto. Da qui è nata la sfida: integrare il live action con la content AI generation in un’unica produzione fluida, sperimentando nuovi approcci più accessibili e performanti alla creazione di VFX. L’obiettivo era duplice: esplorare come l’intelligenza artificiale possa diventare un’estensione del processo produttivo e, allo stesso tempo, generare nuovi asset creativi, artistici e di brand storytelling.
Un progetto di ricerca, quindi, ma anche un esercizio di stile e di metodo: capire come far convivere regia, shooting, motion, compositing e AI content generation all’interno di un unico flusso creativo.
Il soggetto scelto per lo sviluppo del progetto nasce da un’idea rimasta a lungo nel cassetto di Athleta Magazine: raccontare la Nazionale Italiana di Short Track.
La FISG – Federazione Italiana Sport Ghiaccio aveva già espresso la propria disponibilità ad aprire le porte a uno storytelling dedicato a questa disciplina tanto affascinante quanto poco esplorata, capace però di vantare un palmarès di altissimo livello e una cultura sportiva fatta di velocità, equilibrio e resilienza.
Attraverso il nostro lavoro, abbiamo voluto dare voce a uno sport che è molto più di un semplice confronto cronometrico: è movimento, corpo e ghiaccio fusi in un rituale ancestrale, dove la tensione agonistica incontra la potenza estetica del gesto.
Visione creativa
C’è una ritualità ipnotica che attraversa ogni movimento: cicli che si ripetono, traiettorie che si incidono sul ghiaccio come segni primordiali. In quell’arena gelata, il ghiaccio diventa un elemento naturale e simbolico insieme, superficie viva che conserva le tracce del passaggio, come una pelle che ricorda ogni contatto.
La preparazione dell’atleta assume così il valore di un rito. La tuta aderente si trasforma in una seconda pelle, il casco e gli occhiali diventano maschere cerimoniali.
Il respiro, il battito, il rumore delle lame sulla pista: tutto diventa ritmo, mantra, concentrazione.
Poi arriva la gara. Il momento in cui la tensione accumulata esplode, e il contatto con l’altro, con il limite stesso, diventa essenza. Una mano che sfiora il ghiaccio racchiude tutto: gesto tecnico e poetico, forza e fragilità, corpo e mente. In quell’istante, la macchina perfetta si rivela umana.

Athleta aveva fornito le prime moodboard, le linee cromatiche e di stile.
Da lì è nata la direzione creativa e lo storyboard. Ma in questo progetto, è stata l’immagine a guidare il pensiero. La parte visiva è arrivata prima della concettuale, come un flusso istintivo che ha trovato senso solo nel tempo.
C’è stata una macro-visione iniziale, poi affinata passo dopo passo. Non c’era un percorso rigido né un’idea completamente definita: è stata la produzione a modellare lo storytelling, nutrendosi di ciò che abbiamo vissuto insieme all’atleta.
Persino il voice-over è nato in itinere, come riflessione spontanea, una voce che si è aggiunta strada facendo. Non un testo pensato a tavolino, ma un pensiero emerso dal movimento stesso, come il respiro sul ghiaccio dopo una curva perfetta.
Una nuova pipeline
Con il progetto FISG, la sfida è stata diversa. Per la prima volta abbiamo scelto di integrare l’AI all’interno di un team ampio e multidisciplinare, composto da figure con competenze e ruoli diversi. Molti di loro si trovavano per la prima volta a confrontarsi con l’AI, non come semplice strumento di supporto, ma come parte viva del flusso di lavoro.
L’intelligenza artificiale è entrata fin dalla fase iniziale di storytelling e ricerca visiva, aiutandoci a definire lo stile, le atmosfere e alcune inquadrature chiave prima ancora delle riprese. Ha rappresentato una sorta di bussola visiva che ci ha permesso di allineare la visione del team e costruire un linguaggio comune.

In una prima fase la produzione di immagini AI è stata molto intensa.
Da un lato serviva per definire lo stile visivo complessivo, dall’altro l’entusiasmo per le possibilità creative che si stavano aprendo ci ha spinto a sperimentare senza limiti. La facilità con cui l’intelligenza artificiale generava nuove idee e ambienti ci ha portato a produrre una grande quantità di contenuti, fino al punto in cui abbiamo capito che il peso visivo delle immagini AI stava superando quello delle riprese reali.
Ci siamo quindi fermati a riflettere, rendendoci conto che stavamo perdendo il cuore del progetto: gli atleti, la loro fisicità, la verità del gesto umano. A quel punto abbiamo deciso di fare un passo indietro e ridefinire il ruolo dell’AI all’interno della pipeline.
Per gestire la grande quantità di materiale prodotto, abbiamo introdotto un sistema di organizzazione a board, che ci ha permesso di ordinare, commentare e confrontare visivamente tutte le proposte. Questo metodo ci ha aiutato a tenere sotto controllo la direzione artistica e a selezionare solo le immagini davvero coerenti con la visione del progetto.
In totale sono state generate circa 2.338 immagini, ma solo 5 di queste sono state tradotte in forma video e 2 rielaborate come sequenze VFX, frutto di un processo di fusione tra generazione AI e compositing.
L’obiettivo era ottenere immagini controllate e coerenti, in cui la tecnologia restasse al servizio della narrazione, amplificando il racconto visivo senza mai oscurare la componente umana. Questa esperienza ha segnato un passaggio importante: la costruzione di una pipeline ibrida e consapevole, dove l’AI non sostituisce la creatività, ma la amplifica, diventando uno strumento di visione collettiva.

L'incontro tra VFX e AI
Uno dei primi problemi da risolvere è stato amalgamare i footage raw eseguiti nel palazzetto della nazionale Italiana di Short Track e le immagini generate con l’AI.
La direzione creativa ci ha spinti a creare un’atmosfera surreale, molto contrastata e ricca di dettagli. Le riprese selezionate possono essere interpretate come disegni, dove il segno e il movimento tendono all’astrazione; un esempio sono le curve strettissime in cui le lame solcano il ghiaccio.
Ci siamo concentrati sul materiale esistente, donandogli un’estetica precisa; su questa base abbiamo sperimentato con l’AI, andando a integrare passaggi e collegamenti tra un footage e l’altro, fino a generare scene da zero.
In due casi ci siamo concentrati sulla generazione di elementi singoli, poi integrati tramite compositing, dando vita a scene costruite a tavolino.
Non è stato semplice far dialogare la pasta di un video AI con quella di una RED. Abbiamo lavorato molto col compositing e VFX, non avendo paura di stravolgere le inquadrature, e questo ci ha permesso di trattare i video generati con l’AI come i footage reali.
Abbiamo ballato sul limite dei bit che le immagini ci concedevano.

Arte digitale e storytelling
Dopo aver osservato gli atleti in pista ci siamo accorti che c’è molto di più di una performance sportiva. La ripetitività dei movimenti induce uno stato mentale metafisico, in cui corpo, mente, lame e ghiaccio si fondono in un unico velocissimo elemento.
Abbiamo voluto raccontare la sensazione extracorporea degli atleti, mentre le immagini restituiscono la forma estetica dei loro movimenti e la voce fuori campo ci indica una strada invisibile e parallela.

Uno sguardo oltre
Il voice-over curato da Athleta Magazine e il sound design costruiscono un’esperienza immersiva, dove ogni suono e ogni immagine contribuiscono a evocare l’essenza dello short track: velocità, equilibrio e tensione trasformati in linguaggio visivo.
Non è un video promozionale, ma una ricerca artistica che esplora i confini tra tecnologia e percezione, unendo la precisione tecnica del VFX alla spontaneità dell’intuizione creativa
Questo esperimento visivo non si conclude con il video, ma con ciò che lascia: una nuova consapevolezza del processo creativo. Ogni fase, dal test tecnico alla composizione finale, è servita a ridefinire il modo in cui immagini e suoni possono raccontare lo sport, trasformando la sperimentazione in linguaggio.
Lavorare a un progetto come questo, senza vincoli, è certamente più facile.
La libertà creativa permette di spingersi oltre, di rischiare, di sperimentare linguaggi e tecniche senza la pressione di obiettivi o aspettative esterne. È un terreno fertile per la ricerca, dove tutto può succedere e ogni errore diventa un passo avanti nella scoperta.
Ma è quando arrivano i limiti, le richieste specifiche, i tempi stretti, le esigenze di brand, che si misura davvero la capacità di trasformare la complessità in valore.
La vera sfida è portare la stessa qualità, curiosità e innovazione anche nei lavori con un committente, riuscendo a superare le aspettative del cliente e, allo stesso tempo, essere pienamente soddisfatti di ciò che si è creato.
È lì che la sperimentazione incontra la professionalità.
Ed è lì che la ricerca diventa mestiere.
Autori:
Tommaso Artegiani | Production Director @AQuest
Alessio Merulla | Head of 3D & AI Explorer
Nicholas Bertini | Editing & Post Production Artist
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